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venerdì 24 maggio 2013

Sposarsi è bene, entrare in monastero è meglio!


Ho ricevuto innumerevoli e-mail di incoraggiamento e di stima da parte di tanta gente. Tuttavia ogni tanto mi scrivono delle persone (soprattutto donne) che mi accusano ingiustamente di denigrare il matrimonio. Non so più cosa fare per far capire che io stimo il sacramento del matrimonio. Non è peccato se circa l'elezione dello stato di vita mi permetto di citare le parole di San Paolo Apostolo, San Giovanni Crisostomo, Sant'Alfonso Maria de Liguori o di altri santi! Ovviamente no, ma a quanto pare oggi è difficile far capire certi discorsi. Una signora mi ha detto di essere dispiaciuta per le cose che ha letto su questo blog. Si è sentita “ferita” soprattutto dagli scritti di Sant'Alfonso, non uno scrittore qualsiasi, ma un zelantissimo successore degli Apostoli, vescovo di Sant'Agata dei Goti, eroico Fondatore della Congregazione del Santissimo Redentore, Dottore della Chiesa, Patrono Universale dei Confessori e dei Moralisti. Ecco la risposta che le ho dato.


Cara sorella in Cristo,
                                   dammi pure del tu, lo preferisco.

Ho letto la tua lunga e-mail; che dire? Non è mia volontà dare dispiaceri al prossimo, io con questo blog cerco di elogiare la vita religiosa, perché ho grande stima di essa. Spero tanto che nella Chiesa possa sbocciare una “primavera vocazionale”, ce n'è davvero tanto bisogno. A causa del modernismo imperante e del rilassamento generale dei costumi, stiamo vivendo in un periodo di decadimento morale anche tra i cristiani. La storia insegna che nei momenti di grave crisi ecclesiale, il Signore ha suscitato degli eserciti di religiosi fervorosi che hanno contrastato eroicamente il rilassamento dilagante. Penso ad esempio alle Opere realizzate da San Benedetto, San Bernardo di Chiaravalle, San Domenico, San Francesco, Sant'Ignazio di Loyola, Santa Teresa d'Avila, Sant'Alfonso Maria de Liguori, la Beata Maria Deluil-Martiny, San Massimiliano Maria Kolbe e tanti altri santi. Sono convinto che anche oggi per convertire e salvare le anime sia necessario rilanciare la vita religiosa, ed è questo uno dei principali scopi del mio blog.

Ovviamente, come insegna Sant'Alfonso Maria de Liguori, per eleggere qualsiasi stato di vita c'è bisogno di una vocazione. Se una persona non è chiamata alla vita consacrata, sarebbe un errore per lei entrare in monastero, perché non riuscirebbe a vivere in maniera davvero religiosa. Infatti, in tutti i monasteri seri, se le superiore si accorgono che una postulante non ha una vera vocazione, la rimandano a casa sua. Se non facessero così, quella ragazza vivrebbe male la vita religiosa, e costituirebbe un “problema” anche per la vita comunitaria. Certamente se una persona ha la vocazione matrimoniale, è bene seguire la volontà di Dio, mentre sarebbe un errore scegliere di testa propria un altro stato di vita. Il matrimonio è il sacramento che dà la grazia a un uomo e a una donna di vivere santamente insieme, e di compiere fedelmente i doveri del proprio stato. Tutti i cristiani hanno il dovere di sforzarsi di giungere alla santità, non solo i religiosi, ma anche le persone coniugate. Io ho grande stima di quelle persone sposate che vivono cristianamente la propria missione di procreare ed educare nuovi cittadini del Cielo. Infatti tra i santi a cui sono più devoto ci sono anche persone sposate, come ad esempio i genitori di Santa Teresa di Lisieux (anche loro sono stati elevati dalla Chiesa agli onori degli altari).

Pur avendo stima della vita matrimoniale, tuttavia simpatizzo maggiormente per la vita religiosa, che è lo stato di vita più perfetto, come insegna il Magistero Pontificio. Ecco cosa disse il grande Papa Pio XII, di gloriosa e immortale memoria, nel discorso pronunciato il 23 novembre 1952: "Se è vero che la famiglia è la cellula della società e che dalla ricostruzione di essa dipende il rinnovamento del mondo, quale potente impulso una gioventù come la vostra potrà dare al conseguimento di un così alto e urgente fine! D'altra parte, la vostra consacrazione prepara le anime giovanili ad accogliere - quando il Signore la ispiri — la vocazione alla vita religiosa, che rimarrà sempre uno stato più perfetto di quello — anch'esso santo — del matrimonio."

Per quanto riguarda i consigli che Sant'Alfonso dava alle ragazze indecise sullo stato di vita da eleggere, penso che siano in linea con l'insegnamento dello Spirito Santo, che nella Sacra Scrittura ci consiglia (è solo un consiglio, non un obbligo) di rimanere vergini e vivere in castità, e avvisa che le persone che si sposano sono destinate a soffrire tribolazioni nella carne. Quando lo Spirito Santo ha detto che le donne sposate pensano a piacere ai propri mariti, mentre le donne vergini pensano a piacere a Dio, significa che generalmente le cose vanno così. Ovviamente ci sono sempre delle eccezioni, ad esempio le numerose donne che hai citato nella tua e-mail, le quali si sono santificate nel matrimonio, ma si tratta di casi rari. Sì, tutte le mogli dovrebbero amare i propri mariti nel modo in cui hai detto tu, cioè amarli in Cristo. Ma se lo Spirito Santo si è lamentato del comportamento delle donne sposate, evidentemente sono poche coloro che vivono il matrimonio secondo la Sua volontà.

Comunque, Sant'Alfonso non era l'unico santo a mettere in evidenza gli aspetti più duri della vita matrimoniale. Prova a leggere le splendide omelie di San Giovanni Crisostomo sulla verginità, nelle quali spiega il capitolo 7° della lettera di San Paolo Apostolo ai Corinzi, e mette a confronto la vita verginale con la vita matrimoniale. Il Crisostomo, pur stimando il sacramento del matrimonio, tuttavia elenca i vari aspetti gravosi di questo stato di vita, soprattutto usa parole dure al riguardo di ciò che in Teologia Morale viene chiamato “debito coniugale”. Chissà quante ragazze prima di sposarsi riflettono su questo grave obbligo, cioè che dopo che avranno contratto matrimonio non saranno più padrone del proprio corpo, ma saranno obbligate “sub gravi” (sotto pena di peccato mortale) a concedersi al proprio legittimo marito ogni volta che lui lo desideri, anche tutti i giorni dell'anno, se lui vuole (i rapporti sessuali tra i coniugi sono leciti solo se non sono artificialmente chiusi alla procreazione della prole). Se una sposa un giorno vorrà vivere in castità, non potrà, a meno che il marito non sia d'accordo. Ovviamente anche i mariti sono tenuti a rendere il debito coniugale, ma in genere sono le donne a ribellarsi a questo obbligo, commettendo così un grave peccato (se non hanno una giusta causa per astenersi). Bisogna precisare che se il marito vuole usare i profilattici, la moglie è obbligata ad astenersi dal rapporto coniugale, anche a costo subire il martirio (sì, sarebbe un martirio perché l'eventuale uccisione avverrebbe in odio a una virtù cristiana, in questo caso alla virtù della purezza). Le ragazze le sanno queste cose? Se ciò nonostante vogliono ugualmente sposarsi, si sposino pure, ma almeno abbiano l'accortezza di trovarsi un uomo cristiano al 100%, uno che è disposto a vivere in totale castità prima del matrimonio, a non usare mai anticoncezionali, a restare fedele alla moglie, ad accettare tutte le gravidanze della sua sposa (senza costringerla ad abortire), ad educare davvero cristianamente i figli, ecc. Tu sei stata fortunata che hai trovato un marito cristiano. Se una donna non trova un uomo cristiano,  secondo me è meglio se rimane signorina anziché prendersi uno sposo senza timor di Dio, e che vive in maniera simile alle bestie selvagge. 

Circa la questione di “entrare in monastero”, oggi, saggiamente, nessuno inizia il postulantato senza aver fatto prima un'esperienza vocazionale. Prima si fa un'esperienza (o anche più), e poi, se entrambe le parti sono d'accordo, il candidato è accolto in monastero come aspirante. Facendo una semplice esperienza vocazionale di una settimana in monastero non si corre nessun rischio, non c'è nessun pericolo di avere traumi o cose di questo genere. So bene che nel mondo ci sono persone uscite dal convento o dal monastero durante il noviziato o addirittura dopo la professione, con la motivazione di “non avere la vocazione”. Questi fatti andrebbero valutati caso per caso, comunque, se davvero una persona non aveva la vocazione, il maestro dei novizi avrebbe dovuto accorgersene prima. I religiosi esperti se ne accorgono subito se una persona ha o non ha la vocazione.

Comunque, se una persona ha abbandonato il noviziato, non significa necessariamente che non aveva la vocazione. Forse è uscito per qualche tentazione del demonio che l'ha “convinto” a tornare a casa con qualche inganno. Sant'Alfonso in un interessante scritto vocazionale intitolato “Conforto ai novizi per la perseveranza nella loro vocazione”, trattò questo specifico argomento delle tentazioni con cui il diavolo cerca di far perdere la vocazione ai novizi. 

Ogni persona va lasciata libera di eleggere lo stato di vita al quale si sente chiamata, purtroppo, però, oggi è difficile trovare un valido direttore spirituale, pertanto se una ragazza pensa di essere chiamata alla vita religiosa, le conviene fare discernimento in monastero, spiegando con schiettezza alla maestra delle novizie quali sono le intenzioni che la spingono ad abbracciare questo stato di vita, quali sono le sue difficoltà, qual'è la sua condizione di salute, ecc.

Tanti lettori e lettrici del blog sulla vocazione religiosa hanno abbandonato il mondo e hanno abbracciato la vita religiosa, e adesso sono felici e contenti. Non mi risulta che qualcuno abbia avuto traumi o cose di questo genere. Dunque, non c'è nessun motivo per preoccuparsi al riguardo. Se una persona entra in un istituto religioso rilassato oppure troppo rigoroso, allora sì che si corrono dei rischi, ma io cerco di parlare solo istituti religiosi buoni, fervorosi e osservanti.

Spero di aver chiarito le tue perplessità. Approfitto dell'occasione per porgerti i miei più cordiali e fraterni saluti in Gesù e Maria,

Cordialiter